giovedì 29 settembre 2011

Cambiare?

Martedi, 18 dicembre 2001

Stamattina ho ricevuto una curiosa telefonata dalla madre di Stefano che mi chiedeva una disponibilità extra per qualche ora di lezione aggiuntiva al figlio, durante le vacanze natalizie, nelle (vana) speranza di vedere un qualche miglioramento; ho tentato con le scuse più banali di divincolarmi, ma Mirella è una donna persuasiva e io ho bisogno di arrotondare le mie magre entrate. Così domattina ho promesso di andare a Civesio per le odiose lezioni, con il fermo intento di non proferire verbo su quanto successo tra me e Stefano. Sono certa che se farò finta che non sia successo nulla, anche lui farà lo stesso e torneremo ad avere un rapporto "alunno-insegnante".
Nel frattempo ho evitato accuratamente di sentire Marco, ancora imbarazzata per quanto successo a casa di sua madre domenica, non mi capacito di come io non sia stata in grado di emozionarmi, neppure minimamente tra le braccia di un uomo per il quale fino a ieri sentivo una grandissima attrazione e del quale ero innamorata, ecco mentre scrivo queste parole, al passato mi rendo conto che appunto questo accadeva ieri, oggi le cose sono diverse.

Ho paura del cambiamento.

giovedì 15 settembre 2011

Marco

16 dicembre 2001

Le imminenti vacanze scolastiche spero mi daranno tregua dalle ripetizioni e mi lascino un po' di tempo, oltre che per dedicarmi allo studio, per stare con il mio ragazzo, Marco.
Io e Marco ci siamo conosciuti in un pub vicino alla ditta di mio padre, fondamentalmente l'ho circuito io, facendogli ovviamente credere che l'idea fosse sua, fino a spingerlo a mollare la povera Tania, sua allora convivente e che lavorava al White Bear dove Marcofa il barman. E' un ragazzo stupendo, il tipico uomo mediterraneo, capelli folti e neri, occhi scuri, profondi e penetranti, un fisico asciutto e tonico,  estremamente definito dalla palestra, mi ricordo che la prima volta che si è tolto la maglietta ho quasi avuto un mancamento, non avevo mai visto tanti addominali su un corpo solo, un vero spettacolo.
Se dapprima era un po' ombroso e poco convinto, ora è come cera nelle mie mani, lo sento totalmente dipendente dalla mia volontà e la cosa, se da un lato mi lusinga, dall'altro mi comincia ad annoiare, non ho mai amato le cose facile, e tanto meno le persone remissive.
C'è da dire che questo ragazzo mi ha fatto fare tante esperienze nuove, alcune francamente deplorevoli, come la cocaina, che purtroppo ora mi fa spesso compagnia durante le mie full immersion di preparazione degli esami per l'università, e che ho scoperto essere considerata alla stregua delle sigarette fra i miei compagni dello Iulm e le amcicizie che ne sono scaturite, ma è dei numeri circensi che mi ha insegnato a fare a letto che invece vado fiera.
Da piccolo Marco ha realmente frequentato la scuola circense ed è stato per molti anni un atleta della nazionale di pattinaggio artistico, e proprio per questo ha sviluppato una certa predisposizione al sesso acrobatico.
Oggi vado a casa sua, è domenica, sua madre, sicula doc, preparerà la pasta con le sarde, sicuro.
Arrivo a Desio in anticipo e mi fermo alla pasticceria vicino alla piazza centrale, ho già in auto una bottiglia di Ferrari, non mi piace andare ospite senza portare nulla e sapendo quanto siano buoni i dolci del Signor Paolini mi fermo a prendere un vassoio di pasticcini, esagero, ma me ne rendo conto solo quando sono in macchina, il vassoio è talmente grande che non ci sta sul sedile passeggero della mia odiata Fiat Punto.
Arrivo in Via Grazia Deledda numero 7 e vedo suo padre che innaffia le piante in giardino, mi saluta con un cenno della mano, e poi eccolo li, la camicia a scacchi viola che indossa sempre, quando, come adesso, lavora al motore della sua harley, mi viene incontro e, tenendo le braccia alzate come se fosse ostaggio di un rapinatore, si avvicina e mi stampa un bacio rumoroso sulle labbra,  "hai sempre le mani sporche di grasso quando vengo a trovarti, ma com'è possibile?" Gli domando scherzando, e allora, orgoglioso mi conducei verso la suaroad king custom e mi illustra le ultime fantastiche modifiche che ha fatto al carburatore, sento la voce di tua madre strillare che il pranzo è in tavola e salvarmi dalla tua logorroica spiegazione.
Entro in casa, è tutto come una settimana fa, eppure mi sembra ci sia qualcosa di diverso, o forse sono io, sua madre mi ringrazia per i dolci e per lo spumante e mi fa cenno di accomodarmi, poi mi guarda con un'aria da inquisizione e mi chiede se ho fatto qualcosa ai capelli, rispondo di no, non è soddisfatta, "allora ai denti" mi dice, " certo che no" rispondo, "beh agli occhi, ne dubito, sei troppo giovane per fare dei trattamenti, comunque hai qualcosa di diverso, sei più bella, più luminosa", mi dice. Ringrazio senza aggiungere altro, e finalmente mangiamo, ziti con le amiche sarde, buonissimi, poi calamari ripieni, frutta e arrivano anche i pasticcini, che non tocco per via dell'abbuffata di calamari e ziti, ma soprattutto perchè non sono una fan dello zucchero e di tutto quello che ci si fa in pasticceria.
Dopo un caffè veramente buono e un paio di limoncelli io e Marco ce ne andiamo in camera tua per stare un po' soli, mentre sua madre rassetta prima di andare a trovare tua zia e prima di lasciarci la casa, ed ogni suo angolo totalmente a disposizione.
Saliamo velocemente in camera, e senza troppi complimenti mi sfila il golfino d'angora che mi ero messa e comincia a baciarmi sul collo, con una certa foga, che stento ad apprezzare, mi sento stranamente rigida e senza alcun trasporto, avverto le sue dita che slacciano il mio reggiseno come una minaccia incombente, come l'annuncio di qualcosa che in realtà non voglio. Quando mi sfila i jeans e intrufola le falangi sul bordo del perizoma avverto ancora più fastidio, ma cerco di rilassarmi ottenendo l'opposto, Marco mi guarda, e stacca le dita dal mio sesso freddo, sono asciutta come il deserto del Sahara e lui l'ha sentito.
Non è mai successo.
Mi chiede se qualcosa non va, se sto bene, se ha sbagliato dicendo o facendo qualcosa di inopportuno, gli rispondo di no, che non capisco, che abbiamo sempre fatto scintille a letto, ma che non riesco, non ce la faccio, il mio corpo non reagisce agli stimoli, e mentendo, gli dico che invece io lo vorrei tanto.
Si avvicina, tenero, mi bacia dolcemente, ma io ho l'impressione che la sua saliva abbia cambiato sapore, il suo tocco mi è estraneo e per nulla eccitante. Si è rotto qualcosa?
Smettiamo, io mi rivesto, imbarazzata, mi inginocchio e gli faccio un pompino per consolarlo, mentre muovo la bocca sul suo cazzo durissimo comincio a pensare che forse quello che è successo solo pochi giorni fa con Stefano ha lasciato degli strascichi...

mercoledì 14 settembre 2011

12

15 dicembre 2001

La mia amica Chiara, fissata di oroscopi, rune celtiche e stronzate simili mi ha invitato a bere una cosa sui Navigli per aggiornarmi circa le sue ultime peripezie sentimentali, e raccontarmi di questo affascinante yuppi, tale Marcello 40enne avvocato rampante della Milano bene che, oltre ad essere sposato,  fortunatamente senza prole, ha il gusto per il bondage. Una volta sedute al Maya, davanti a un margarita mi racconta per filo e per segno come lui la leghi a sofisticati drappi di velluto nero, ma io non posso fare a meno che pensare a Stefano e a quello che è successo nel parcheggio. Vedo la bocca di Chiara che si muove e sento le sue parole uscire dalla bocca, ma non le ascolto, mi ripeto che quello che è accaduto in fondo poteva capitare, che era una eventualità come un altra, (o forse no?!?) che non è stato nulla di importante, che sono fidanzata e che presto me ne dimenticherò e lui pure, la cosa importante è non parlarne con nessuno, si ecco, non devo dirlo mai a nessuno ed io stessa non avrò memoria dell'accaduto. Mi risveglio dal mio torpore catartico quando Chiara mi sottopone il suo ultimo acquisto editoriale il cui argomento è la numerologia, fingo un certo interesse malgrado un radicato scetticismo verso l'occulto e i suoi fratelli, non sono infatti mai stata una di quelle ragazze che la mattina cercano affannosamente l'oroscopo del giorno all'apertura del Corriere; rimango però un alquanto stupita quando, aprendo distrattamente il libro in questione, mi appare il numero 12, che coincidenza, e giusto per non farmi suggestionare e conscia di essermi ripromessa di non pensare più alla storia del parcheggio, mi rendo conto che io e Stefano siamo usciti il 12, del mese 12 e abbiamo fatto sesso alle 12 (p.m.), come direbbero in America, "this is scary", della serie, molto inquietante.
Prendo possesso del libro e leggo con interesse il significato del numero 12 che riporto per intero sul quaderno degli appunti che ho sempre in borsa: Viene considerato il più sacro tra i numeri, insieme al tre e al sette. Il dodici è in stretta relazione con il tre, poiché la sua riduzione equivale a questo numero (12 = 1 + 2 = 3) e poiché è dato dalla moltiplicazione di 3 per 4, il dodici indica la ricomposizione della totalità originaria, la discesa in terra di un modello cosmico di pienezza e di armonia. Infatti indica la conclusione di un ciclo compiuto. Il dodici è il simbolo della prova iniziatica fondamentale, che permette di passare da un piano ordinario ad un piano superiore, sacro. Il dodici possiede un significato esoterico molto marcato in quanto è associato alle prove fisiche e mistiche che deve compire l’iniziato. Superate le prove induce ad una trasformazione, in quanto il passaggio si compie su prove difficili, le uniche che portano ad una vera crescita. In molte culture i riti iniziatici si compiono all’età di dodici anni, dopo di che si entra in un’età adulta.
Sento gli occhi di Chiara su di me mentre non riesco a distogliere lo sguardo da quanto ho appena scritto, ok, mi rendo conto di dare, giusto per stare in tema, i numeri, e chiudo violentemente il quaderno. Chiara mi chiede da dove derivi questo nuovo interesse per la numerologia ed il significato del 12 e, mentendo, le dico che la mia cuginetta preferita, nata il 12 dicembre ha appena compiuto 12 anni. So che non se l'è bevuta, ma non ho il coraggio di dire a nessuno quello che è successo con Stefano e tutte le pippe mentali, anche numerologiche che mi sto facendo, così con la scusa della preparazione dell'imminente esame di statistica mi congedo dalla mia amica.
Mentre cammino verso la macchina mi sento leggermente stordita e accaldata, malgrado l'aria gelida e la neve per terra e nella testa continuo a ripetermi: "Non dirlo mai a nessuno, non dirlo mai a nessuno..."

sabato 10 settembre 2011

Con un poco di zucchero la pillola va giù

13 dicembre 2001

La scatola potrebbe essere quella di un farmaco qualsiasi, il solito cartoncino bianco, una scritta assurda che parla di un principio attivo il levonorgestrel a me sconosciuto, ma che doverbbe togliermi tutte le preoccupazioni ed i pensierei dopo che abbiamo fatto l'amore e tu mi hai lasciato dentro le tue tracce.
Il blister contiene una sola pillola, basta poco in teoria a togliersi il pensiero.
Prendo un bicchiere d'acqua e butto giù questa capsulina bianca e innocente....
Mi sdraio, ho bisogno di rilassarmi, mi scoppia la testa, se sia per colpa del  levonorgestrel o per quello che è successo tra di noi ancora non lo so, forse mi sbaglio è stato un sogno, non è successo nulla.
Giro la testa, e quella confezione vuota e il bicchiere d'acqua mezzo pieno mi ricordano che è tutto vero.
E' assurdo.
Mi viene la pelle d'oca, sto frugando nei miei pensieri per ricostrurire quanto successo.
Non ricordo con precisione di cosa abbiamo parlato o per quanto tempo siamo rimasti seduti al Ricci, ma certamente abbiamo bevuto, con tutta probabilità io più di te, rammento che Giuliano era venuto subito al nostro tavolo, con il suo incedere malizioso da checca consumata, che si lecca i baffi alla vista di un giovane bello come te.
Il primo giro di cuba libre era stata un'idea mia, i chupito di pampero per distendere i miei nervi,  evidentemente tesi, tua.
Non sei un santo, hai 16 anni, ma i racconti delle tue scorribande tra le nostre madri mi hanno dato un quadro abbastanza preciso di come sei, e proprio per la mia presunta serietà, per il fatto che le nostra famiglie sono così unite e le nostre madri grandi amiche, la tua ha chiesto alla mia se potevo provare ad aiutarti con la scuola, che pessima idea se ci penso ora. I pomeriggi che abbiamo trascorso insieme mi hanno insegnato che non hai alcuna passione per lo studio, e nessuna intenzione di impegnarti, di tanto in tanto, quando esasperata ti minaccio di smettere con le lezioni, che in fondo so divertirti, solo per il piacere di passare un paio d'ore con una ragazza più grande e carina, allora, da bravo ruffiano quale sei, ti impegni brevemente. Quello che mi colpisce di te è  il carisma, la tua capacità di piegare gli altri al tuo volere senza che loro ne siano consapevoli. E poi hai uno di quei sorrisi da schiaffi che avevano i divi del cinema in bianco e nero e per cui le donne svenivano, vedo la tua fisicità di giovane uomo maturare di giorno in giorno davanti ai miei occhi, so l'effetto che fai alle tue compagne di scuola e so che sei già stato a letto con più di una ragazza, un po' perchè hai quel genere di sguardo indagatore che hanno gli animali quando avvistano una preda e poi per i racconti che mia madre mi fa puntualmente dopo aver raccolto le lamentele della tua.
E poi c'è Simone, il tuo compagno di classe a cui do ripetizioni di inglese che ci tiene molto a far proseliti sul tuo comportamento di sciupafemmine in erba.
Il tempo è trascorso veloce, e l'aria si è fatta leggera mano a mano che il rhum è scivolato in gola, lasciando un sapore di vaniglia e quei sentori balsamici tipici del rovere, la testa  ha cominciato a girare e i pensieri si sono fatti leggeri,  la voglia di raggiungere gli amici che mi aspettavano al locale di Iliana è svanita in fretta, mi dico che è perchè mi vergogno a presentearmi con un ragazzino, ma temo che non sia tutto qua...
Quando ti dico che rimaniamo ancora un po' e che poi ti porto a casa perchè sono stanca, tu mi regali un sorriso malizioso che non riesco a decifrare completamente, poi una volta usciti dal locale facciamo due passi, ho bisogno di aria fresca, accendo una sigaretta, stiamo in silenzio e camminiamo piano, anche tu fumi le Marlboro light, hai un fare da duro e due occhi dolci che mi mettono di buon umore, ma sono stanca e stranita.
Arriviamo alla macchina, appena entrati cominci a frugare tra i miei cd fino a che non trovi una tua creazione che mi hai dato qualche giorno prima, e che per la verità non ho ancora ascoltato, metti su la numero 3, sono i Gemelli Diversi, " dammi solo un minuto". Oddio....
Sento nell'aria una strana elettricità, una certa tensione...
Forse è l'alcool, forse mi sbaglio,  devo traghettarti a casa sano e salvo, nonostante i pensieri che cominciano ad accavallarsi sempre più confusi, ma quando siamo quasi a Civesio, mentre mi avvicino sempre più a casa  tua, mi dici che forse hai bevuto un po' troppo e che è meglio se ci fermiamo da qualche parte per un po' per far scendere l'alcool. D'istinto ti accontento, ho la testa pesante.
Mi dai indicazioni e mi guidi sicuro tra queste stradine per me tutte uguali, fino a che ci fermiamo davanti al cancello di una grande ditta, che ha una pensilina dove parcheggio, producono piastrelle, ce nè un gran quantitativo stipato sotto un telone che per il gran vento di stasera si è alzato.
Abbassi leggermente il sedile, non mi chiedi il permesso, lo fai con naturalezza, poi mi guardi e mi dici che hai bisogno di rilassarti, annuisco, chiudo gli occhi e faccio girare la rotella del sedile che scatta indietro, una tacca, due, ecco, ora va meglio, e mentre sento gli occhi abbandonarsi alla stanchezza, la tua mano sulla mia gamba ed il tuo respiro vicino al mio viso mi riportano alla realtà, mi sembra assurdo, è una frazione di secondo prima che la tua mano salga velocemente tra le mie cosce, le stringo forte, ho paura, sono impietrita, scandalizzata e realmente preoccupata. Non oso aprire gli occhi e mentre cerchi di divincolarti dalla mia stretta per lasciare la tua mano libera di andare dove vuole, mi dici con una voce calda e leggera che hai voglia di me, cerchi consenso alla tua volontà, che credi essere anche la mia, forse sai meglio tu, di me, come stanno le cose. Mi parli ancora, mi chiedi cosa dovresti fare per farmi felice, per farmi stare bene, ho la salivazione a zero, un groppo in gola che blocca sul nascere qualunque tentativo di difesa o di scherno verbale, allento la presa, è un attimo e le tue mani riescono a sganciare i gancetti del mio body, sono eccitata, umida, lasciva, non voglio capire nulla, ti lascio fare, mi riempi il collo di piccoli baci, mi accarezzi i capelli, mi sento stordiata e fragile, senza volontà alcuna, non voglio partecipare, comincio a capire quello che succede, ma mentre la mia testa prova a ragionare, il mio corpo ama quello che stai facendo, sento le reazioni di ogni centimentro di pelle mentre la tua lingua scivola dal mio collo al seno che si scopre velocemente, malgrado il vestito e il cappotto che sei riuscito a togliermi mentre mi sforzavo di comprendere quello che accadeva. Hai un tocco leggero, morbido, mi sento come sospesa da terra e mentre mi mordicchi un capezzolo e stringi tra il pollice e l'indice della mano l'altro, mi sento avvampare, non ci posso credere, ma sto avendo un orgasmo, non è possibile, non si può venire senza penetrazione, non capisco più nulla, sento un gran calore che dal centro del corpo mi avvampa totalmente e che mi toglie le forze, è allora che ti sento entrare dentro di me con prepotenza, apro gli occhi.
Cristo Santo!
Vorrei dirti di smettere, vorrei dirti di lasciarmi andare ma il tuo corpo ed il mio sono legati da una danza perfetta, si muovono con un sincronismo che non ho mai provato, e mentre i nostri respiri diventano uno solo mi abbandono a un'estasi mai provata.

mercoledì 10 agosto 2011

Masochismo

Formentera, 18 agosto 2011

Temo di essere, psicologicamente parlando una masochista, che poi ci fossero angoli di masochismo sessuale in me questo già lo sapevo.
Non ci sei, non ti vedo, non ti sento, o meglio non ti fai sentire, io sono a Formentera, tu a Fuerteventura.
Il mondo è piccolo, lo spazio che mi separa da te infinito.
Mi sono masturbata mentalmente, pensandoti.
Ho cercato senza esito il tuo profilo su facebook che tu odi e che non usi, mi sono messa a guardare tutte le foto di Marta, tua cugina, cercandoti tra i volti di persone che non vedo da anni, tra i suoi amici, tra le sue amicizie, mi sono sorbita 135 foto di lei e il ragazzo che limonano come due 15enni, forse ne hanno solo 20 di anni, non mi ricordo se è più giovane di te, ma poco importa, non ti trovo.
Ieri sera ho messo a soqquadro tutti gli armadi di casa cercando una scatola di pelle marrone che una volta conteneva degli orologi e che ora contiene tutte le nostre foto, le avevo messe li dentro quando credevo di non amarti più, le avevo nascoste infilandole in quella scatola forse illudendomi che tu sparissi, che la mancanza del tuo viso tra le cornici della mia casa ti avrebbe fatto divenire solo un ricordo sbiadito e invece tu perseguiti i miei pensieri e io mi sento piccola e stupida, arresa totalmente a quest'ossessione che ritorna dopo quasi 10 anni. Non ho trovato la scatola, non trovo le nostre foto, mi manca un'immagine in particolare, una foto che ti ho fatto dopo una delle tue gare in bici, quando riposavi stremato su una stuoia nel campo allestito per i partecipanti, avevi 16 anni e io ero pazza di te.

La pillola

13 dicembre 2001

Esco di casa abbarbiccata nel mio cappotto di cashmere beige, un dono di mia madre, comprato alla Panchetta, un negozio di abbigliamento in corso lodi dove trascina sia me che le sue amiche da anni,  non c'è che dire è davvero bello, ha un taglio sartoriale come ormai non si usa più, è soffice e caldo, mi slancia e mi rende ancora più alta del mio metro e settantatrè cui sono tanto cara, sulle maniche e lungo le cuciture ci sono dei piccoli inserti in nappa, il collo ed i manicotti sono in volpe argentata, lo metto perchè mi da sicurezza, mi fa sentire più adulta.
Sono in macchina, guido piano, ho paura, scorro la strada che mi conduce all'ospedale ripensando con incredulità a quanto successo la sera prima, un brivido mi scorre lungo la schiena e le braccia.
L'ospedale è semideserto, mancano due giorni alla Vigilia di Natale, evidentemente sono quasi tutti in ferie, cerco sul tabellone il reparto di ginecologia, è al terzo piano. Prendo l'ascensore, e un odore di candeggina e ammoniaca mi investe con prepotenza e mi fa venire la nausea. Sono arrivata, le pareti sono rosa e azzurre, c'è un clima di attesa e di gioia nell'aria, vedo una ragazza di pochi anni più di me trascinarsi lungo le pareti tenendosi al bastone che le regge la flebo, ha un pancione enorme, penso che tra 9 mesi potrei essere in quello condizioni, mi detesto.
Vedo una sfitinzia vestita da infermiera e le chiedo se c'è un medico con il quale parlare, mi chiede di cosa ho bisogno, le rispondo che mi serve la ricetta per la pillola del giorno dopo, ha decisamente dei modi da burina, e ad alta voce, per farsi sentire meglio da due uomini con il viso impaziente che stazionano nella sala di aspetto ripete le mie parole e mi dice che se voglio la pillola per non avere bambini il dottore sta in fondo al corridoio. Non mi scompongo, evidentemente è una cretina senza alcun tatto, l'avranno presa come infermiera per le sue doti orali, certamente non per la compassione umana che si richiederebbe a una persona nel suo ruolo.
Infilo il corridoio e sbircio nelle stanze dove intravedo donne e lattanti, mariti felici e capannelli di famigliari intenti a scattare fotografie. Il problema della natalità a Cernusco sul Naviglio evidentemente non sanno cosa sia. Trovo il dottore, la porta è aperta, chiedo permesso, mi accoglie con voce rauca un uomo sulla cinquantina, con pochi capelli, gli occhiali spessi, la bocca sottile mi chiede di cosa ho bisogno gesticolando con le mani lunghe e affusolate, gli ripeto la stessa solfa pronunciata all'infermiera cafona, mi fa cenno di sedermi. Mi snocciola una quantità di domande sulla mia salute, mi chiede se ho malattie cardiache se e quanto fumo, se mi drogo, se ho mai abortito, cielo no! Penso tra me e me, e mi scrive senza troppi problemi la ricetta. Lo ringrazio e mi congedo, voglio uscire al più presto dall'ospedale, detesto le cliniche e quell'odore asettico che si respira, mi fanno tornare con la mente alla morte di mio nonno, io e lui soli, mi ritrovo a respirare ancora quell' effluvio di morte che sentivo nella sua stanza al sesto piano del reparto rianimazione dell'ospedale Fatebenefratelli, 16 anni prima.

martedì 9 agosto 2011

14 dicembre 2001


 
Non siamo noi due.


Non è possibile.
Non ci voglio credere.
Non l'ho fatto davvero.
Non l'hai fatto tu.
Non abbiamo fatto nulla.
Non è successo.
E invece si.
Ti telefono.
Parliamo, distaccati, imbarazzati, te lo chiedo in maniera fredda, come se non si trattasse di noi, e mi ripeto ossessivamente nella testa che "non siamo noi due" o forse si.
"Ciao, come stai, senti quello di ieri ecco, non succederà mai più, non dirlo a nessuno, me lo devi promettere. Ti devo chiedere un'altra cosa..." pausa, respiro lunghissimo "mi sei venuto dentro?"
"Non me lo ricordo, non lo  so, forse si."
" Come fai a non saperlo, come fai a non ricordarlo, Cristo Santo "
"Cosa facciamo?"
"Tu hai fatto abbastanza, lascia stare, ci penso io, dai, ti saluto, ci vediamo per le lezioni, ciao."
Fantastico penso tra me e me, devo andare al pronto soccorso a farmi dare la malefica pillola del giorno dopo, non l'ho mai presa, ho paura di star male, ma non posso fare altro, non mi pare il caso di procreare a 21 anni, in piena università, senza lavoro, senza fidanzato, o meglio, un fidanzato ce l'avrei anche, ma non posso certo dirgli che probabilmente mi ha messo incinta il mio allievo. 
Va bene, mi decido, vado al pronto soccorso di Cernusco sul Naviglio, è il più vicino a casa mia, fa un freddo cane, è dicembre.