Stamattina avevo un colloquio in Via Marangoni, non la conoscevo, ma sapevo che era in zona Stazione Centrale, così sono uscita di casa un po' prima, mi sono incamminata verso la metropolitana di San Donato e sono scesa in Repubblica, era tanto che non ci andavo, mi sono sembrati secoli, quando riemergendo dal tunnel delle scale mobili la prima cosa che ho visto è stato il Ricci...
Che dejavu....
Mi ero ripromessa di non pensare più a te, anche stamattina mentre camminavo per andare a prendere il pullman guardavo le auto scorrere sulla Via Emilia e tremavo all'idea che su una di quelle macchine potessi esserci tu. Non voglio vederti, non voglio pensarti, e invece sei sempre li a disturbare i miei pensieri, mi riempi la testa come solo una persona assente sa fare.
La prima volta che siamo usciti insieme, la prima volta che abbiamo fatto l'amore siamo andati al Ricci, io e te, soli, in realtà dovevo uscire con tuo fratello, all'epoca avevamo una specie di liason platonica, non ho mai capito perchè non si sia concretizzata, ma evidentemente non era lui il fratello giusto. Ricordo che dovevamo andare in comitiva al locale di un'amica, io sarei dovuta passare a prendere Giulio che mi aveva convinto a portarti con noi, sulle insistenze dei tuoi genitori che evidentemente volevano passare un sabato sera tranquilli sapendoti fuori, ma sotto l'occhio vigile di tuo fratello; invece arrivo alla porta e mi trovo davanti tuo padre Filippo che mi annuncia che Giulio ha la febbre, non sta bene, tutto annullato penso io, andrò da sola al locale della mia amica, tanto la ci saranno molti amici ad attendermi, e invece arrivi tu...
Hai un giubbino Blauer di pelle nera, dei jeans scuri e la sciarpa di cashmere che ti ho regalato qualche settimana fa. Non so perchè te l'ho comprata, l'avevo vista passeggiando tra i vicoli scuri nei pressi di Corso Buenos Aires, in una di quelle piccole botteghe artigianali che non sembrano esistere più, un signore gentile, ingrigito dal lavoro duro e dall'incedere degli anni mi aveva detto che era il regalo perfetto per una persona che si ama, io gli avevo risposto che si trattava di un dono per un amico, senza però convincerlo. Il giorno dopo, quando mi ero presentata a casa tua, per le solite due ore da trascorrere nel vano tentativo di farti amare lo studio, eri solo in casa, allora, con una certa timidezza avevo estratto il pacchettino dalla borsa e tu mi avevi fissato, senza dire nulla, l'espressione seria e lo sguardo furbo, avevi sciolto piano il nastro rosso che adornava la bella carta verde e staccato con cura lo scotch, senza rovinare quell'involucro prezioso. Quando avevi visto la sciarpa, il viso ti si era illuminato, e con fare sicuro ti eri alzato, e avvicinandoti allo specchio nel salotto addobbato per le imminenti feste natalizie te l'eri messa al collo, prima sistemandola in un modo, poi in un altro, ti eri girato e molto fermamente, senza possibilità di smentita, avevi dichiarato che ti stava bene e che il grigio era un colore da adulto. Mi avevi fatto strada e come al solito eravamo saliti nella tua camera, ci eravamo seduti sulle scomode seggiole sistemate da tua madre vicino alla tua bella scrivania di noce e poi mi avevi guardato di nuovo, con i tuoi occhi nocciola che mi sembrava di vedere per la prima volta, ti eri avvicinato e mi avevi dato un bacio leggero sulla guancia dicendomi che nessuna ragazza ti aveva mai fatto un regalo così. A me non sembrava nulla di speciale, ma ti avevo pregato di non dire ai tuoi che te l'avevo donata io, sentendo le tue parole, sentondomi dire che ero per te una ragazza, ecco mi ero sentita subito colpevole, inadeguata, senza realmente comprenderne la ragione. E ora sei di fronte a me e mi guardi con un aria di sfida che non so decifrare bene, ma mi sento inquieta e non riconosco il ragazzino svogliato che avevo visto ogni giorno negli ultimi sei mesi, da quando avevo iniziato a darti ripetizioni praticamente di tutte le materie perchè a scuola sei un vero disastro, malgrado tu frequenti uno degli istituti universalmente considerati più semplici, l'ITSOS.
Per non deluderti e fidandosi totalmente di me tuo padre ha deciso che verrai con me anche senza tuo fratello, tento di farlo desistere, gli dico che sicuramente si farebbe troppo tardi, che sei troppo giovane, ma lui mi risponde che non ci sono limiti di orario, purchè ti tengo sott'occhio. Fantastico, mi tocca portarmi dietro il ragazzino insolente e presentarmi dai miei amici con lui, penseranno che è mio fratello, oddio, mi ci vuole qualcosa di forte.
Saliamo sulla mia auto, tu sei letteralmente entusiasta, lo vedo che ti brillano gli occhii e ti illumini ancora di più quando ti annuncio che faremo prima uno stop in un locale a bere qualcosa, perchè, ti dico, è presto e in discoteca ci sarà poca gente, in realtà ho bisogno di un coca e rhum come un pesce ha necessità dell'acqua.
Prendiamo la tangenziale est che da Civesio ci porterà in Corso Forlanini, la prendo alla larga, ho bisogno di aria, fumo nervosa senza parlare, mi chiedi una sigaretta, sono allibita, hai 16 anni e fumi, fantastico, beh, non ho la forza di obiettare in questo momento, sono troppo intenta a cercare una ragione plausibile da fornire alle mie amiche per giustificare la presenza di un adolescente al nostro tavolo. Da Corso Forlanini imbocchiamo Viale Corsica, c' è poca gente, fa freddo, il cielo minaccia sfaceli, neppure il meteo sembra essere dalla mia, scendiamo i viali alberati di corso XXII Marzo e dopo aver passato Viale Piceno e Viale dei Mille in un attimo siamo in Viale Tunisia e subito in Repubblica, siamo arrivati ti dico, faccio uno dei miei parcheggi sportivi che tanto fanno imbestialire mia madre per via delle multe che provocano e che lei puntualmente paga al posto mio.
Il Ricci per me è una seconda casa, ci vengo spesso, mi conoscono tutti, e io sono molto amica di Giuliano, una checca che lavora qua con il nome a suo dire esotico di Julian, ci siamo conosciuti a una sfilata di Armani alla quale mi aveva costretto la mia amica Viviana, ereditiera di un impero tessile brianzolo, mi era venuto addosso perchè troppo intento a guardare un gruppetto di modelli svestiti che si aggirava nel backstage al quale Viviana mi aveva data accesso per respirare la vera aria da defilè, come diceva lei. In quello scontro mi si era rotto uno dei miei amati rosari e lui aveva insistito per farmelo riparare, da li era nata una fantastica amicizia fatta di shopping, chiacchere, alcool a volontà e pettogolezzi sui nostri rispettivi amanti del momento.
Entriamo nel locale ancora non affollato e ci accoglie Giuliano, evidentemente incuriosito dal mio giovane accompagnatore, li presento e informo il mio amico che si tratta del fratello di Giulio, altro assiduo frequentatore del locale in mia compagnia. Ci sediamo e per allentare questa tensione che mi attanaglia ordino un paio di chupito di rhum e pera, che anche tu trangugi con nonchalance. Ora sto meglio, mi tolgo finalmente il lungo cappotto nero dal grande collo in volpe argentata, altro dono di mia madre e mostro a uno Stefano molto interessato un minidress di ciniglia nera che mi avvolge come un guanto facendo risaltare i fianchi e lo scollo generoso sul seno abbondante, portato con delle autoreggenti scure e degli stivali altissimi di Cesare Paciotti, gentile omaggio di un ex amante.
Hai un giubbino Blauer di pelle nera, dei jeans scuri e la sciarpa di cashmere che ti ho regalato qualche settimana fa. Non so perchè te l'ho comprata, l'avevo vista passeggiando tra i vicoli scuri nei pressi di Corso Buenos Aires, in una di quelle piccole botteghe artigianali che non sembrano esistere più, un signore gentile, ingrigito dal lavoro duro e dall'incedere degli anni mi aveva detto che era il regalo perfetto per una persona che si ama, io gli avevo risposto che si trattava di un dono per un amico, senza però convincerlo. Il giorno dopo, quando mi ero presentata a casa tua, per le solite due ore da trascorrere nel vano tentativo di farti amare lo studio, eri solo in casa, allora, con una certa timidezza avevo estratto il pacchettino dalla borsa e tu mi avevi fissato, senza dire nulla, l'espressione seria e lo sguardo furbo, avevi sciolto piano il nastro rosso che adornava la bella carta verde e staccato con cura lo scotch, senza rovinare quell'involucro prezioso. Quando avevi visto la sciarpa, il viso ti si era illuminato, e con fare sicuro ti eri alzato, e avvicinandoti allo specchio nel salotto addobbato per le imminenti feste natalizie te l'eri messa al collo, prima sistemandola in un modo, poi in un altro, ti eri girato e molto fermamente, senza possibilità di smentita, avevi dichiarato che ti stava bene e che il grigio era un colore da adulto. Mi avevi fatto strada e come al solito eravamo saliti nella tua camera, ci eravamo seduti sulle scomode seggiole sistemate da tua madre vicino alla tua bella scrivania di noce e poi mi avevi guardato di nuovo, con i tuoi occhi nocciola che mi sembrava di vedere per la prima volta, ti eri avvicinato e mi avevi dato un bacio leggero sulla guancia dicendomi che nessuna ragazza ti aveva mai fatto un regalo così. A me non sembrava nulla di speciale, ma ti avevo pregato di non dire ai tuoi che te l'avevo donata io, sentendo le tue parole, sentondomi dire che ero per te una ragazza, ecco mi ero sentita subito colpevole, inadeguata, senza realmente comprenderne la ragione. E ora sei di fronte a me e mi guardi con un aria di sfida che non so decifrare bene, ma mi sento inquieta e non riconosco il ragazzino svogliato che avevo visto ogni giorno negli ultimi sei mesi, da quando avevo iniziato a darti ripetizioni praticamente di tutte le materie perchè a scuola sei un vero disastro, malgrado tu frequenti uno degli istituti universalmente considerati più semplici, l'ITSOS.
Per non deluderti e fidandosi totalmente di me tuo padre ha deciso che verrai con me anche senza tuo fratello, tento di farlo desistere, gli dico che sicuramente si farebbe troppo tardi, che sei troppo giovane, ma lui mi risponde che non ci sono limiti di orario, purchè ti tengo sott'occhio. Fantastico, mi tocca portarmi dietro il ragazzino insolente e presentarmi dai miei amici con lui, penseranno che è mio fratello, oddio, mi ci vuole qualcosa di forte.
Saliamo sulla mia auto, tu sei letteralmente entusiasta, lo vedo che ti brillano gli occhii e ti illumini ancora di più quando ti annuncio che faremo prima uno stop in un locale a bere qualcosa, perchè, ti dico, è presto e in discoteca ci sarà poca gente, in realtà ho bisogno di un coca e rhum come un pesce ha necessità dell'acqua.
Prendiamo la tangenziale est che da Civesio ci porterà in Corso Forlanini, la prendo alla larga, ho bisogno di aria, fumo nervosa senza parlare, mi chiedi una sigaretta, sono allibita, hai 16 anni e fumi, fantastico, beh, non ho la forza di obiettare in questo momento, sono troppo intenta a cercare una ragione plausibile da fornire alle mie amiche per giustificare la presenza di un adolescente al nostro tavolo. Da Corso Forlanini imbocchiamo Viale Corsica, c' è poca gente, fa freddo, il cielo minaccia sfaceli, neppure il meteo sembra essere dalla mia, scendiamo i viali alberati di corso XXII Marzo e dopo aver passato Viale Piceno e Viale dei Mille in un attimo siamo in Viale Tunisia e subito in Repubblica, siamo arrivati ti dico, faccio uno dei miei parcheggi sportivi che tanto fanno imbestialire mia madre per via delle multe che provocano e che lei puntualmente paga al posto mio.
Il Ricci per me è una seconda casa, ci vengo spesso, mi conoscono tutti, e io sono molto amica di Giuliano, una checca che lavora qua con il nome a suo dire esotico di Julian, ci siamo conosciuti a una sfilata di Armani alla quale mi aveva costretto la mia amica Viviana, ereditiera di un impero tessile brianzolo, mi era venuto addosso perchè troppo intento a guardare un gruppetto di modelli svestiti che si aggirava nel backstage al quale Viviana mi aveva data accesso per respirare la vera aria da defilè, come diceva lei. In quello scontro mi si era rotto uno dei miei amati rosari e lui aveva insistito per farmelo riparare, da li era nata una fantastica amicizia fatta di shopping, chiacchere, alcool a volontà e pettogolezzi sui nostri rispettivi amanti del momento.
Entriamo nel locale ancora non affollato e ci accoglie Giuliano, evidentemente incuriosito dal mio giovane accompagnatore, li presento e informo il mio amico che si tratta del fratello di Giulio, altro assiduo frequentatore del locale in mia compagnia. Ci sediamo e per allentare questa tensione che mi attanaglia ordino un paio di chupito di rhum e pera, che anche tu trangugi con nonchalance. Ora sto meglio, mi tolgo finalmente il lungo cappotto nero dal grande collo in volpe argentata, altro dono di mia madre e mostro a uno Stefano molto interessato un minidress di ciniglia nera che mi avvolge come un guanto facendo risaltare i fianchi e lo scollo generoso sul seno abbondante, portato con delle autoreggenti scure e degli stivali altissimi di Cesare Paciotti, gentile omaggio di un ex amante.
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